Tfr o fondi pensione complementari?
Se avessimo chiesto a due lavoratori dipendenti, nel 2005, cosa avessero scelto tra mantenere il Tfr, trattamento di fine rapporto, o destinarlo ad un fondo di pensione complementare, un buon 85% degli intervistati avrebbero scelto il Tfr. Sicuramente la scelta più sicura, riprendere parte dei soldi guadagnati alla fine del rapporto lavorativo, invece di affidarsi a società di previdenza complementare, ma con un retroscena meno scontato. A distanza di un po’ più di un decennio dall’entrata in vigore della legge 252/2005, che dava la possibilità appunto al lavoratore dipendente di scegliere tra Tfr e fondi pensione integrativi, i risultati sono nettamente in favore della scelta meno seguita, il che può rattristare chi ha incassato il Tfr. Ma lo studio fatto dal sole24 e Consultique, una società di consulenze finanziarie, potrebbe essere fine a se stessa, visto che sono passati solo pochi anni, ed i risultati nel lungo periodo, come la vita di una persona, potrebbero presentare risvolti diversi. Cosa significa questo? Significa che chi ha incassato il Tfr o lasciato in azienda, ad oggi, ha meno soldi in termini di inflazione ed interessi, rispetto ad i pochi che hanno scelto la previdenza complementare come scelta alternativa al Tfr.
Il paragone tra le scelte possibili
L’esempio che il sole24ore fa, è un ipotetico confronto tra 4 persone, che dieci anni fa hanno deciso di destinare il loro Tfr al datore di lavoro, ad un fondo pensionistico aperto, negoziale o ad un Piano individuale pensionistico a gestione separata. I dati estratti sono il prodotto di un calcolo che comprende la rivalutazione dell’investimento nelle diverse metodologie, prendendo in considerazione la media annuale dei loro rendimenti ed i tassi di inflazione del capitale liquidato in questi anni.

Le performance
Questa analisi mostra come chi ha affidato la liquidazione al datore di lavoro, oggi ha o avrebbe un profitto in termini di capitale totale, inferiore nei confronti di chi ha optato per una previdenza complementare nelle 3 forme citate. E di queste 3 forme, quello che più ha generato guadagni rispetto agli altri ed al Tfr in azienda, è il fondo di categoria (negoziale) con una rivalutazione del 45% sul prodotto del Tfr.
La differenza si nota anche sui numeri, dove delle 55 divisioni dei fondi negoziali del 2007, solo 6 hanno portato rendimenti negativi rispetto a quelli del Tfr al datore di lavoro, e lo stesso discorso vale pe i fondi aperti, dove un buon 75% hanno performance migliori del classico Tfr. Altro vantaggio dei fondi di pensione alternativa è la flessibilità, ovvero la possibilità di chiedere un anticipo da parte del lavoratore che ha sottoscritto il fondo, per spese mediche o per comprare casa. Questo a discapito delle prestazioni del fondo, ma è anche vero che ha permesso al sottoscrittore stesso di non chiedere prestiti o mutui, ma bensì attingere da un capitale messo da parte come il fondo pensionistico.
Perchè il Tfr?
La domanda quindi nasce spontanea. Se è noto a tutti che i fondi pensionistici complementari sono più vantaggiosi, perché ancora oggi i lavoratori scelgono di affidare il Tfr in azienda? In questo caso è bene chiamare in causa più che economia e strategie di investimento, la finanza comportamentale. Si spiega così come un individuo lasciato libero di scegliere, il più delle volte non adotta la scelta migliore ma segue quella più comune. In questi casi il lavoratore dovrebbe essere incentivato dall’azienda o dagli organi competenti ad informarsi sulle scelte a disposizione e magari prendere la strada migliore.
Un esempio su tutti, è il fondo Astri, un fondo bilanciato che ha prodotto quasi un +60% in dieci anni e che meno del 50% degli aventi diritto ha sottoscritto. Una dimostrazione del fatto che quando si tratta fare scelte a lungo termine, il risparmiatore non ha le idee chiare ed è sempre spinto da fattori poco affini al tipo di investimento in questione.
Scegliere il miglior investimento è importante, perché non solo si possono fare dei buoni profitti, ma non si corre il rischio di perdere parte del capitale investito come è successo a risparmiatori di alcune delle banche italiane. Investimenti sicuri oggi sono difficili da trovare ma non impossibili se si ha il coraggio di osare e di informarsi prima di prendere decisioni.